Il cosiddetto Credo Regis, spesso indicato come Credo Apostolorum (Miazga, n. 319) è composto unicamente da
brevi e semibrevi, e di questo Credo conosciamo anche lautore: il re di Sicilia Roberto dAngiò (1278, morto a Napoli nel 1343).
Lidentificazione con Roberto dAngiò è confortata dallappellativo Regis che si incontra in diversi codici, dalla rubrica di un manoscritto italiano
del XVI secolo ora a Cleveland (Ohio, Museum of Art, Ms. 21.140) che recita: Patrem cum suo cantu ordinatum per regem Robertum (c. 78r) e
da unaltra rubrica che si incontra nel manoscritto F di Parma, Abbazia di San Giovanni Evangelista (c. 37v), che per lo stesso Credo indica Regis Siciliae,
ma soprattutto è provata dallopera Sermone de fortitudine di Gabrio de Zamorei, amico del Petrarca, che afferma che re Roberto compose una nuova
melodia sul Simbolo.
Per cinque anni (1319-24) Roberto dAngiò dimorò ad Avignone, ed è probabilmente in questi anni di soggiorno avignonese che egli compose il
Credo, magari in gara con il cardinale che inventò laltra famosa melodia del Credo cosiddetto Cardinalis (del Cardinale).
Attorno al 1324 maturano ad Avignone la Costituzione Apostolica Docta sanctorum patrum e il Credo di Roberto dAngiò. E con ogni probabilità
la fortuna del Credo Apostolorum (e del suo doppio divenuto ancora più famoso il Credo Cardinalis ) non è affatto estranea
al dettato della Costituzione, che biasima le composizioni in semibrevi e minime o che fanno uso delloquetus (e biasima inoltre laggiunta di
discanti fioriti, e di testi in volgare nelle composizioni liturgiche), ma che si conclude solennemente con un elogio della polifonia semplice. È chiaro
dunque che la Costituzione ha sostenuto e lanciato questo nuovo stile liturgico essenziale, che era comunque in linea con la tradizione e ne ha
permesso la rapidissima diffusione non solo in Italia. Ma la Costituzione nulla avrebbe potuto se attorno alla curia avignonese e a Roberto
dAngiò non si fossero mossi molti musicisti, compositori e cantori, che diffusero questi nuovi Credo in Europa. Si ricordi che la
corte napoletana di re Roberto era un luogo straordinariamente fertile nel campo della produzione e del consumo musicale, sia sacro
sia profano e che Marchetto da Padova dedicò a re Roberto il suo Pomerium.
Il Credo di re Roberto è tramandato da moltissimi codici italiani ed entra assai presto anche nella tradizione a stampa. Ma ciò che importa è che
questo stesso Credo è tramandato anche in versioni a due voci, e testimonia così la diffusa prassi della polifonia semplice, nei seguenti codici:
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberiniano Latino 657, cc. 419v-423 (trascrizione in PMFC 12, n. 11a); Parma,
Archivio della Fabbrica del Duomo, Ms F-9, cc. 140v-148 (PMFC 12, n. 11b).
Lesempio musicale riporta una di queste realizzazioni polifoniche, tratta dal codice Parma, Archivio della Fabbrica del Duomo, Ms F-9.
La vox principalis, composta da re Roberto, usa solo valori di breve e semibreve (semiminime e crome nella trascrizione) e si trova allacuto.
La vox organalis si muove nello stesso ambito della principalis, omoritmicamente, e non mostra alcuna ricercatezza contrappuntistica:
molte note sono allunisono, nei punti cadenzali si incontrano solo intervalli di unisono, quinta o ottava; le voci si muovono prevalentemente per moto
contrario, in alcuni brevi tratti anche per terze.
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